E' nato e abita a Cantu' Socio del gruppo letterario Àcàrya dal 2002, partecipa a reading e collabora con varie riviste ed antologie come "Sim-patia", "Dialogo", "Nuovi poeti Milano". Ha vinto diversi concorsi letterari e festival di poesia, ricevendo numerose segnalazioni. Ha pubblicato il quaderno dell'Àcàrya nr. 36 dal titolo "Il Grumo". In lui la complicita' con la poesia si manifesta sopratutto di notte, quando i problemi esistenziali, che in genere sono insiti nei poeti, si fanno piu' incalzanti e pertanto sorge il bisogno di riversarli nelle parole. Cosi' il poeta trova nella sua musa ispiratrice, che suggerisce lo scrivere sulla comune condizione umana, le angosce e i pochi canti gioiosi e il sentirsi proiettati soli e indifesi nel risveglio che ogni giorno ci aspetta. Ogni lirica di questo poeta esprime sentimenti e sensazioni, svela stati d'animo, superando cosi' la piu' ardua "fatica" espressiva, coinvolgendo ed emozionando il lettore.
La luce fredda del mattino
il cielo scuro a nord del lago
dove i gabbiani volano inquieti.
La citta' immobile nell'aria
e di nuovo il giorno, la vita
l'attivita' senza soluzione.
E di nuovo io
che ritrovo i sogni
lasciati ieri al mio passaggio
perche' qualunque cosa sogni
rimango sempre dove sono.
E domani
nella scia di battelli che passano
e non si conoscono
domani sara' soltanto uno
che ha smesso di passare per questa strada.
Non ho resistito
al
desiderio di chiamarti
Sono
prigioniero
il primo
giorno di primavera.
Abitante di
un silenzio
ho raccolto
un crepitio leggero
nella
scatola di latta
dove si
raduna la pioggia.
Un suono di
seta
uguale al
tuo vestito
quando sali
le scale
e pronunci
il mio nome.
Un
messaggio
inciso
dalla tua voce
come un
amuleto.
Non dirmi
che forse non vieni.
Il primo
giorno di primavera
un ramo e' fiorito.
La tua mano
lascerà
un fiore rosso sangue
nel cerchio
umido e nero
del mio
bicchiere.
Oggi la tua bocca
ha il morso aspro di certi sogni.
Grido di rondine
in una fredda primavera.
Sei nebbia.
Dove se ne vanno gli alberi
le luci, le strade.
Si dilegua la tua figura d’amore.
Tra la veglia e il sonno
tra la parola e il silenzio.
Nel giorno diventato estraneo
sei qualcosa per l’aria.
Il tuo respiro
esiguo resto di neve.
Si addensano orme
per chissa' dove…
Sono le mie.
Crescevo nelle sue mani
fra il sole d'estate e la pioggia d'autunno.
Al sospiro dell'alba raccontava di noi
- forse una mattina -
Diceva di me e di te
- forse una sera -
Se le parlavo mi baciava sulla bocca
e inghiottiva le parole.
La seguivo con ansia
mentre divorava i miei libri
o sorbiva i raggi di luna filtrati dalle
imposte.
Raggiunsi la maturita'
quando lei prese con se' i documenti
- che spiegavano la mia vita -
e usci' dalla finestra perdendosi fra le stelle.
Da quel tempo
scruto il firmamento e leggo l'oroscopo
per inventarmi un po' di domani.
L'inverno pesa su di me
come se avanzassi nella neve .
Viaggio nel buio e lascio dei segni.
Qualcuno trovera' le mie tracce
nei boschi
nelle piogge
sul ghiaccio delle notti
dove oscilla la luna
in uno sprazzo d'azzurro.
Esiste l'anima? Esiste la vita .
Sono legato dal vento tra i rami
dalle mani fino alle labbra.
Il mio nome non dirlo
non lo porto con me,
lo lascio sulla soglia
quando il giorno muore
e l'oscurita' libera la mia ombra.
Sul lago una luna
offuscata.
Nell’ora che gli uccelli
diventavano stelle
due gote rosse
cancellavano gli astri
col vento fresco
della tua corsa.
Tenevo le mani aperte
per fermare l’arrivo della sera
e i tuoi passi sulla ghiaia.
In fondo alla strada
poche brevi parole
prendevano le vie del cielo.
Il mondo s’allontanava come un’isola
lasciando il filo di un’onda.
Un’ala di brezza
piegava un’ombra sottile
fra il lampo dei tuoi occhi
passeggeri di nuvole.